QUALE DEMOCRAZIA? RIFERIMENTI PER UN BUON GOVERNO

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    Lasumira
    Amministratore
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    La vita sociale, imperniata sulla Filosofia dell’Essere,
    è motivata dalla giusta azione rispondente anche alla tendenza inerente ai guna, mentre la società del divenire è semplicemente motivata e impulsata dall’attivismo,
    dalla produzione quantitativa e dall’affarismo.
    La prima tende verso l’alto per poi ritornare in basso e dispiegare l’Idea; ciò implica che la giusta azione è innanzitutto effetto di contemplazione.
    La seconda, essendo determinata dall’io o dall’istanza individualistica, tende al “fare per il fare”, all’azione, all’autocompiacimento e all’autoespansione
    piuttosto che alla realizzazione del Sè.
    Dalla visione dell’Essere ogni cosa va fatta con Arte.
    Di qui la “compostezza”, la “dignità”, il “distacco” che si richiedono nell’azione.
    Un imprenditore (vaisya) identificato con il suo lavoro e con i frutti di questo, come, ad esempio, il denaro,
    non è in armonia con l’Idea, non compie la “giusta azione”, non vive con arte, con compostezza, non si adegua alla Filosofia dell’Essere.
    La maggior parte delle attività della società del divenire è promossa dalla mente egoica, quindi si tratta di attività che nascono e muoiono nella sfera dell’individuato.
    Una società il cui operare si esaurisca in un semplice aspetto della totalità dell’Essere non può non essere monca ed escludente.
    Ogni attività motivata dall’io e compiuta per l’io è caratterizzata dalla violenza, dalla competizione, dal profitto, dalla vanità, dall’etica utilitaristica e dall’edonismo.
    Se l’uomo non subordina il suo agire al Principio, prima o poi si troverà nella confusione mentale e nel disordine sociale.
    Se l’azione non tende verso la Verità, degenera in attivismo con tutte le conseguenze che ne possono derivare; la società odierna ne sta sperimentando i frutti.
    Abbiamo detto che l’imprenditore (vaisya),
    come il prestatore d’opera (sudra), il politico (ksatrya), ecc.,
    devono considerare il lavoro come mezzo di elevazione, di emancipazione.
    Sotto questa prospettiva non possono sussistere lo sfruttamento o la coercizione perchè ognuno si trova al suo giusto posto.
    Nella Gita, Arjuna deve combattere (produrre l’azione) per un preciso Dharma universale, non per sè stesso in quanto “io”,
    nè per conquistare ricchezze o abbattere l’altro per desiderio di potenza.
    R a p h a e l _ ARTE TRADIZIONALE
    pagg.139-142 ed. Asram Vidya
    §
    “Sia pertanto ai filosofi perfetti
    questa necessità di governare lo Stato …
    lo Stato descritto ci fu,
    c’è e ci sarà, ogni volta che questa Musa della filosofia
    abbia la signoria della città”.
    Platone, Politeia: VI, 499bd
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